La collezione come forma d'arte by La collezione come forma d'arte

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autore:La collezione come forma d'arte [LDB]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Johan & Levi
pubblicato: 2020-04-27T16:00:00+00:00


V.

Ma è negli anni ottanta e seguenti che vi è un’esplosione di presenze di collezioni in arte. Il fatto, come dicevamo, corrisponde allo spirito dei tempi, al pensiero che da varie parti è detto postmoderno. “Simulacro” ancor più che spettacolo, l’immagine ha ormai inghiottito, sostituito completamente la realtà, secondo la versione baudrillardiana: tutto passa per l’immagine, copia senza più originale di un mondo che si esperisce solo nella dimensione, più che mediata, virtuale, simulata.

Come intende la collezione Jean Baudrillard? Su di essa ha scritto già alla fine degli anni sessanta un intero capitolo del suo Sistema degli oggetti, intitolandolo “Il sistema marginale: la collezione”, in cui riassume con grande acume i maggiori temi legati al collezionare e alla posizione come pure al significato che l’oggetto assume o prefigura in esso. Ripercorriamo il testo sinteticamente.

Il punto di partenza è la definizione dell’oggetto della collezione come «causa e soggetto di una passione», una passione diversa da quella che, «temperata, diffusa e regolatrice», nutriamo anche per gli oggetti quotidiani che possediamo, quelli segnati da una mediazione pratica, funzionale, strumentale, non coinvolti in particolar modo dal senso del possesso. I presupposti benjaminiani dell’impostazione di Baudrillard ci sono noti, ma gli sviluppi sono originali:

Ogni oggetto ha dunque due funzioni: la prima è l’essere pratico, la seconda l’essere posseduto. Quella dipende dal campo di totalizzazione pratica del mondo attraverso il soggetto, questa da un’impresa di totalizzazione astratta del soggetto attraverso se stesso e al di fuori del mondo.1

Gli oggetti liberi dal loro uso disegnano degli speciali insiemi, delle speciali totalità: «Non ne basta più uno solo: è sempre una serie di oggetti, al limite una serie totale, che diventa progetto compiuto». Questa serie che tende a essere completa spiega la perdita di singolarità di ogni oggetto e la sua sostituibilità, da cui deriva il misto di soddisfazione e di delusione di cui è sempre fonte. Per questo, prosegue Baudrillard,

soltanto un’organizzazione più o meno complessa di oggetti che rimandano l’uno all’altro determina il singolo oggetto in un’astrazione sufficiente perché possa venire recuperato dal soggetto nell’astrazione vissuta, cioè nel sentimento di possesso. Questo tipo di organizzazione è la collezione: in essa trionfa la tensione appassionata verso il possesso, dove la prosa quotidiana degli oggetti diventa poesia, discorso incosciente e trionfale.2

Baudrillard scorre allora le analogie e i rapporti tra passione collezionistica e altre passioni, da quella erotica e sessuale a quella del fanatismo religioso, da quella dell’appassionato di miniature persiane a quella del collezionista di scatole di fiammiferi. Quindi passa in rassegna le astuzie della soggettività nel gioco di rispecchiamenti in cui è presa di fronte all’oggetto della passione di possedere: «La singolarità assoluta deriva dal fatto di essere posseduto da me, il che mi permette di riconoscermi in esso come essere assolutamente singolare». Qui l’analisi baudrillardiana finisce con il mostrare un poco il suo limite psicologico, nonostante i voli teorici:

Un qualunque oggetto non si oppone mai alla moltiplicazione dello stesso processo di proiezione narcisistica operata su un numero indefinito di oggetti, ma l’impone invece, prestandosi a un’ambientazione totale, a una totalizzazione delle immagini di sé; ecco il miracolo della collezione.



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